A volte siamo così abituati a pensare alla natura come a qualcosa di esterno alla nostra casa, che fatichiamo a far entrare un vegetale o un animale in casa. Eppure questo è il modo per accogliere una forma di vita diversa da noi. Si comprende quindi immediatamente l’importanza di quest’azione.
Il rapporto è reciproco: se si riceve affetto, come per l’animale, o bellezza, come per la pianta, si deve tuttavia badare a essi, nutrendoli, lavandoli, cambiando la terra, ecc: Persino una pianta grassa necessita di cure.
Del resto, l’amore è così: un rapporto inevitabilmente reciproco.
A volte, la presenza nelle nostre case della natura è rappresentata da un mazzo di fiori. Il mezzo più semplice, ma anche più bello. Vorrei ricordare a questo proposito un’abitudine lettone: in Lettonia c’è l’uso di portarsi un mazzo di fiori in camera, anche se si è in camera d’albergo; tanto che i negozi di fiori a Riga sono sempre aperti.
Il fiore è il simbolo stesso della bellezza, e in svariate culture viene riprodotto come tale su tessuti o sul legno. Vediamo solo, ad esempio, cosa accadde nell’Olanda del Seicento per il tulipano. Ora, averlo in casa riassume la natura. Anche il fiore ha bisogno di cure; minime, basta un po’ d’acqua. Eppure è il mezzo della natura semplice e bello per entrare nelle nostre case. E’ significativo come nelle culture più vicine alla natura i fiori siano tenuti in grande considerazione.
Tuttavia ci sono anche sistemi più complessi, anche se a noi ora pare opportuno sottolineare quelli tradizionali, perché hanno il sapore della memoria. Quante volte abbiamo legato un ricordo a un profumo vegetale, fosse solo quello dell’erba appena tagliata. Dice un detto ebraico, mi pare del Talmud, che ogni filo d’erba ha un angelo che lo cura e lo esorta dicendogli: “cresci!”.
Del resto, se la massima ambizione per una persona colta è di essere laureato, cioè di avere le tempie cinte d’alloro, è giusto allora che la natura entri nelle nostre case.
Autore: Claudio Barna
Photo Credits: Daniela Norcia, Fuorisalone
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