L’ambiente attorno a noi può essere determinato da molteplici fattori: se abitiamo in città o in campagna, se in centro o in periferia, ecc. Tuttavia, l’accesso ai media e a internet ha connesso queste realtà tra di loro, tanto che si sente parlare spesso di villaggio globale: dove tutti ascoltano la stessa canzone, guardano le notizie sulla rete, e così via. Siamo così interconnessi che, forse, la cosa più importante è quello che vediamo dalla nostra finestra. La finestra è, infatti, un’apertura sull’esterno, e quindi sul mondo, per definizione. Possiamo vedere altre finestre, o alberi, o il mare, o altre cose. Al contrario, quando ci chiniamo sul computer, tendiamo a chiuderci in noi stessi. La finestra, l’esterno, quindi lo sguardo sull’ambiente circostante.
Una volta, era la piazza il luogo deputato all’incontro tra persone. Le vie davano sbocco sulla piazza, che era comunque il centro, o almeno un centro. L’agorà degli antichi Greci, il foro dei Romani, l’arengo medievale, altro non erano che la piazza principale. E in piazza una chiesa, che doveva sovrastare gli altri edifici, in modo da essere visibile da ogni dove. Come, a Milano, il Duomo.
Nozione persa. Ma allora, l’ambiente? Si vorrebbe ricreare questa antica memoria, se ne sente la nostalgia. In fondo, cosa dovrebbero essere i social se non piazze virtuali? In fondo, tutto il problema si riduce a far sì che l’ambiente dia un’idea di umanità. Così è il problema della casa. A volte, per esempio, viaggiando nei Paesi ex-socialisti, si ha l’impressione del contrario, cioè di come il regime totalitario obbligasse l’architettura a opprimere l’uomo. Ad esempio, case di molti piani senza ascensore.
Così, anche le sterminate bidonvilles del terzo mondo negano l’uomo.
L’ambiente con umanità. Poter mettere l’anima nella propria casa. Il fascino delle case antiche, anche di quelle povere, sta in questo. Possiamo ripeterlo?
Autore: Claudio Barna
Photo credits: laredoute
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